“E’ questa aria di Natale”, mi ripeto. O forse sono questi giorni di attesa che porteranno via anche te, 2014. Oppure è questa attesa e preparazione di quel qualcosa che Devi festeggiare, ma non vuoi che mi fotte sempre un po’, ogni anno..”Sono queste le paturnie? ” Sì, sono sicura, sono quel miscuglio di turbamenti che quando provi a decifrarli, puntualmente sfuggono.
Poi ci penso e mi dico che questa volta è diverso sul serio, che questa volta la nostalgia c’è davvero, perché anni come questi, come Te, 2014, non se ne vedevano in giro da un bel po’ e liberarsene, pesa.
Mi ricordo bene come sei iniziato, era un 31 dicembre qualunque e io, circondata da persone, me ne stavo con le mani sul vetro di una finestra enorme a guardare le macchine che passavano, a pensare che non saresti dovuto cominciare così e che neppure così doveva finire, perché qualcosa, con me, era finito. Avevo l’amaro in bocca e non era per la cena. Mi sentivo un vaso caduto in mille pezzi e i miei pezzetti erano sparsi un po’ ovunque.
I miei pezzi, che a contarli tutti c’è da impazzire ed io, stavo proprio per impazzire. Ogni periodo ha una parola chiave e quella di quei tempi era una ed una soltanto, che pulsava ad intermittenze costanti nella mia testa: assenza. Assenza di tutto, improvvisa, inspiegabile e brutale. Ero in un bel cazzo di guaio insomma e tu mi guardavi, silente, per capire cosa avrei fatto di quei 365 giorni che mi avresti donato, per capire che cosa mi sarei mai inventata questa volta, per resistere di nuovo a me.
Per un po’ di tutti quei pezzetti di me non sapevo che farmene, li guardavo, li toccavo, li scostavo con un piede, tra disgusto ed incertezze. Ma loro erano sempre lì, a frantumarsi di giorno in giorno e a reclamare spazi mancanti.
Finché un giorno l’aria ha cominciato a non bastarmi. Finché un giorno le mie parole, i miei pensieri incompleti, hanno cominciato a non bastarmi.
Solo allora hai pensato bene di intervenire e di farmi svegliare. Era finito il tempo di aspettare per vedere come andavano a finire le mie storie, i miei fotogrammi quasi reali. Era finito il tempo per crogiolarmi dietro a sfighe, maledizioni e maldicenze e per trascinare quel bagaglio vacillante di emozioni fratturate.
Tu mi hai svegliato a colpi, con scossoni, carezze e lacrime e mi hai rialzato piano. Hai dato tempo e calci, quando necessario. Hai regalato silenzi e fermato le mie frenesie isteriche, perché nulla si offuscasse. E’ per questo che tu, 2014, sei valso almeno per tre anni dei miei.
Ci sono anni di creazioni, anni di assestamento e anni di (ri) costruzioni. (Ri)costruirsi è il lavoro più impegnativo, ma anche il più soddisfacente. Scavi a fondo, nelle viscere e quello che emerge, è fango da plasmare. Quello che emerge, sei Tu, fra limiti e possibilità. E non c’è mai malasorte, la malasorte è la giustificazione che dài per le tue azioni mancate. Potevano succedere le cose più belle, ma non sarebbero state tali. Potevano arrivare le persone migliori, non sarebbero state tali. A testa bassa, persa nei tuoi occhi persi, sarebbe potuto accadere anche quello che neanche sai se è accaduto o meno. Ci vuole coraggio a sfidare la propria mente, a ricordare di chiedersi “Ma fa bene a me, questo?”. Ci vuole coraggio a sfidare quel senso di onnipotenza che ci autoconvince di essere infallibili e perfetti, artefici di ogni cosa, costruttori singoli di realtà multiple da condividere. A volte si creano universi solo per vederli crollare ed avere conferma così del nostro potere distruttivo. A volte siamo solo gratuitamente stronzi, per autodifesa. Ci vuole coraggio a perdonarsi, quanto a perdonare. Ci vuole coraggio per imparare a dire “No” e per restare fermi, un po’ di più.
Questo coraggio, questa virata di prospettive, me l’hai data, 2014, giorno dopo giorno, mentre imparando qualcosa, lasciavo che le cose potessero accadere e che rivelassero quel senso, che a volte non hanno.
Finchè una mattina mi sono svegliata e ho cominciato a sorridere, con gusto. E credevo fosse solo un giorno, credevo ci fosse un motivo che non ricordavo, qualcosa riportato alla coscienza e magari sognato; per questo, avevo paura di svegliarmi un giorno e ritornare nei miei Micromondi sgangherati. Invece, è successo il giorno dopo e quello dopo ancora: sorridevo, senza senso apparente, per semplice felicità. Quella felicità che sussurravo appena, quella di quando ero innamorata. Quella che era in quel sacco di emozioni fracassato che avevo lanciato senza riguardo, con la scommessa che qualcuno, ne avesse cura più di me. Era quel vaso, che ricompostosi adesso suggeriva sussurrando piano: “abbi cura dei tuoi pezzi, abbi Cura di Te“.
Nel tempo, mentre sorridevo, guardavo, osservavo e mangiavo quella sfuggente quotidianità che tanto avevo maltrattato, che in realtà, non era poi così male. Ogni sorriso, stava curando un turbamento.
Non ho conquistato niente, se questo è quello che vi state domandando. Niente di materiale o di evidente tanto da toccarlo. Non ho cambiato casa, non ho mollato il lavoro e non ho neppure un nuovo amore. Però ho una nuova me, che vale più di tutto. Che resta, quando tutto è fugace. Che del rancore non sa cosa farsene, che di fronte ad una assenza, prepara posti per le presenze. Che resta e non per resistere e che sa guardare. Che ride di più e piange di meno. Che sospira trasognata della nostalgia di un amore che vede nei gesti altrui e che si riempie il cuore per ogni piccola, microscopica scheggia di bello, che scova di continuo nel suo banale quotidiano, ancora sghangherato.
Se fossi una persona, 2014 , e non un interminabile periodo, saresti una di quelle da volere sempre vicino. Una di quelle che sfidano tutto: tempo, distanze, eventi e che sono, come dico io, piene. Piene di cose da dirti e da mostrarti. Saresti quelle che ti riempiono il cuore, senza neppure accorgersi di farlo.
Se avessi un volto ,2014, e non un tempo e non dei numeri a definirti, avresti il volto dei miei occhi e della loro luce ripresa, della mia famiglia, dei miei amici, delle persone che sono arrivate per permettermi di sorridere, come un dono. Avresti la voce ferma di chi ti guida e la frenesia dei bambini quando scoprono una magia.
Ma tu sei solo un tempo, un susseguirsi di eventi…Mi piace saperti umano però, immaginare di aver vissuto con me in questo sghangherato microcosmo sempre un passo indietro, per accertarti poi che se mi fossi persa, ricordassi sempre da dove provenivo. Metterò le mani davanti agli occhi, così da non vedere dove andrai, insieme ai miei sacchi, insieme a tutto quello che ancora c’è sparso qua e là che porterai via in fretta. Farò un passo, poi un altro e uno ancora e mi accorgerò piano, attimo dopo attimo di un nuovo anno davanti a me.
Al Mio 2014, un anno come un altro, una rinascita, un inizio. A tutte le persone che ne sono state parte, nella vita di ogni giorno, nei soli pensieri e nei ricordi. A chi c’è, chi c’è stato e chi ci sarà ancora. A chi mi ha aiutato, sapete chi siete, a Chi mi ha insegnato ed è stato mentore. Grazie, per essere parte del mio microcosmo sgangherato!
E a chi si imbatterà in queste righe per caso, perchè magari questo 2014 è stato terribile, come gli anni passati, come da quando non ricordano neppure..Non importa cosa vi porti al vostro punto di rottura: provate, insistete, virate, anche mille volte, se necessario. Sorridete di quel che c’è e non affannatevi per quello che non siete adesso o non eravate ieri. Permettetevi di fare pace con quello di voi, che è in voi.